Enzo Fileno Carabba

Enzo Fileno Carabba e le mirabolanti imprese del “Digiunatore” |  StampToscana

Premio d'onore per la Letteratura 

 

Ogni scrittore è re nel suo reame, dove vigono leggi e inediti rapporti fra immaginazione e realtà. Romanzi, racconti, leggende e mitobiografie, animali e antropomorfe, storie scavate da una archeologia interiore. Storie liberate dal tempo. Vite e vite speciali, geni fatali, barbari, rivoluzionari, pazzi, santi, asceti e freaks, o anime circensi. Su veicoli che trainavano scimmie e pappagalli, uomini macistei, saltimbanchi, donne magiche. «Ci volevano i baracconi dell’infanzia, i lunghi pomeriggi in compagnia di uomini forzuti che erano buffoni e profeti, le nonne, le Afriche, gli stregoni […] E tutte queste cose dovevano entrarti nella pelle, sbriciolate e vive». Il grottesco e il sublime che, attivati all’unisono o in alternanza, possono far ridere o piangere. E per il suo stile evocatorio, quasi uno spiritismo narrativo, si è detto di una “sfera catartica della comicità”. E di un “passo narrativo corale”. Personalità sognate dalla storia, che arrivano chissà da dove alle sue pagine, dopo un lungo viaggio, e riprendono lena e vigore. L’eccezionalità non solo non toglie loro umanità ma sembra piuttosto accrescerla come in un esperimento di trasfigurazione. Uomini incredibili, mirabolanti performer, sensazionali creature, giocatori d’azzardo della vita, come matti salvifici - a un certo punto spunta anche Dino Campana, il poeta recluso in manicomio - popolano le pagine di Enzo Fileno Carabba (Firenze, 1966), narratore e scrittore di una rara e schietta originalità, e anche, come nel caso di Giovanni Succi da Cesenatico (1850-1918), recordman mondiale di digiuni, di talune iperboli romanzesche ed esistenziali, capace di suonare i più vari strumenti nell’orchestra della letteratura, dal romanzo autobiografico-dinastico, alle Vite, secondo il sommo modello di Giorgio Vasari. C’è un mondo Carabba, e un Carabba che sa sognare, allucinare il suo mondo, come pochi altri autori oggi, il cosmo-caos di personaggi ai confini della storia e del tempo usurato della normalità. Liberare energie nascoste, dedicarsi a compagnie esotiche, coltivare, un po’ come Kafka, scrittore di racconti e disegnatore, «uomini storti». O comunque a geometria variabile. Questo uno dei talenti di Carabba. «Alcune di queste storie potevano anche apparire improbabili, ma solo perché il mondo è sorprendente. In ogni caso, vera era la forza che contenevano. Reali i loro effetti». Leggiamo queste parole nell’ultimo romanzo, Il digiunatore (Ponte alle Grazie, 2022). «Chissà come dovevano essere belle le storie vere inventate da Giovanni» (Storie «vere inventate», perché c’è una verità che supera la realtà, come l’invenzione di un’anima più vera, che non si mostra ad alcuno). La Zia Subacquea e altri abissi familiari, edito da Mondadori nel 2015, è la leggenda di famiglia, in un edenico indimenticabile scoglio dentro il mare d’Abruzzo. «Quale miglior sistema, per incontrare un mito della tua infanzia, che diventarlo tu stesso?» Voci ancestrali o antiche lo accompagnano, negando nei fatti la morte. Nulla esiste senza immaginazione, è più feroce della realtà. Lo aveva scritto nel suo romanzo Il tuo volto domani Javier Marías, il grande scrittore madrileno appena scomparso. E aveva detto anche che raccontare è quasi sempre un regalo. Noi lettori viviamo di quei regali, di quella pozione di letteratura che ridà forma e slancio alle nostre vite, e ne siamo grati ai nostri autori. Fra questi stregoni erranti, e donatori, c’è anche Enzo Fileno Carabba.


 

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